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Giurisprudenza Lombarda

Rinnovo di una concessione di un bene pubblico

Il TAR Milano, in un giudizio volto all’accertamento della sussistenza di un inadempimento contrattuale di un Comune per aver violato una clausola di concessione avente ad oggetto la realizzazione di un centro balneare estivo che riconosceva al concessionario la prelazione per un eventuale rinnovo, osserva:
«Secondo parte resistente, in relazione alla natura di bene pubblico indisponibile del centro sportivo, la ricorrente non poteva ottenere il rinnovo della concessione, in accordo con i principi dell’ordinamento comunitario e con la l.r. n. 27/2006, potendo lo stesso essere affidato in gestione a terzi esclusivamente previa procedura ad evidenza pubblica.sul punto, il collegio dà atto che, in linea generale, il debitore non è liberato dalla sua obbligazione a fronte di qualsiasi divieto, essendo ugualmente tenuto all’adempimento qualora lo stesso fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione, ovvero, rispetto al quale, non abbia sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità.
Lel caso di specie, il comune non può tuttavia che disapplicare le disposizioni contrattuali che prevedono la proroga automatica della concessione, per contrasto con i principi eurounitari, dovendo infatti procedere all’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica (c.s., sez. vi, 18.11.2019, n. 7874), non essendo inoltre il divieto di rinnovo conoscibile al momento della loro approvazione.
Il ricorso va pertanto respinto, ricorrendo l’impossibilità di eseguire la prestazione, e l’assenza di colpa del debitore, riguardo alla determinazione dell’evento che l’ha determinata, ciò che, secondo la previsione degli art. 1218 e 1256 c.c., dà luogo alla sua liberazione.
Per quanto concerne la richiesta di indennizzo … Lo stesso potrebbe essere riconosciuto, quale alternativa al rinnovo della concessione, solo se quest’ultimo fosse ammissibile, laddove invece, essendo la clausola contrattuale che lo prevede tamquam non esset, non può essere riconosciuta alla società ricorrente alcuna indennità, né un risarcimento».
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 415 del 15 febbraio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.